mercoledì 2 febbraio 2011

La chiesa e il convento della SS. Annunziata dei Servi di Pistoia


La chiesa della Santissima Annunziata dei Servi, attualmente parrocchiale, ha la sua prima origine in un più antico edificio fondato nel 1271, nel momento di iniziale fioritura dell’Ordine fiorentino dei Servi di Santa Maria.
Secondo la tradizione, anche questo primo edificio di culto servitano a Pistoia sarebbe stato costruito sopra un oratorio dedicato alla Madonna, di patronato Cancellieri, che in parte avrebbe condizionato la struttura della prima chiesa dei Servi.
La planimetria segue nel modo più semplice la struttura delle chiese mendicanti: un’ampia aula unica si connette ad un presbiterio con una cappella centrale quadrangolare, che ospita l’altare maggiore, e due cappelle laterali anch’esse a pianta quadrata.
Questo schema costruttivo nella chiesa della SS. Annunziata di Pistoia si caratterizza per la presenza, sul lato sinistro della cappella maggiore, di un campanile, alla cui base probabilmente si trovava una cappella, cui si accedeva con un arcone dalla chiesa.
Nel 1356 fu rinnovata la cappella maggiore, assegnata dai Servi alla famiglia Mercioli, che sostenne le spese della trasformazione.
Nel 1380 fu attuato un prolungamento della chiesa verso ovest, occupando parte dell’antico sagrato. Fu necessario pertanto adeguare la copertura del tetto a questo nuovo volume. In controfacciata fu realizzata nel tardo Trecento una cappella intitolata a San Benedetto, che si trovava a sinistra rispetto all’ingresso, affrescata nel 1383 da Lippo di Dalmasio.
In questo periodo fu adeguata probabilmente la più antica sede conventuale, attigua alla chiesa verso nord, il cui fulcro era un chiostro quadrangolare dotato di pozzo, tuttora conservato. Nel Medioevo tuttavia esisteva soltanto un portico, probabilmente con copertura lignea a spiovente semplice, impostata su pilastri, che collegava l’ingresso del convento alla sede dei frati, correndo lungo il fianco nord della chiesa.
Il convento inizialmente era costituito da un’ala, che occupava il lato est della costruzione, disposta perpendicolarmente rispetto alla chiesa, dove si trovavano la sagrestia, attigua alla chiesa, la sala capitolare ed altri locali di servizio, mentre al primo piano erano le celle. Sul braccio nord, attiguo al precedente, era il refettorio.
Agli inizi del Trecento (1307) il lato del chiostro che si affacciava sulla via, verso ovest, era occupato dalla sede della confraternita dei Disciplinati, e ad essa si aggregarono più tardi altre compagnie laicali, come quella di San Martino nel 1454 e quella della Carità nel 1538.
Durante il Trecento nel braccio nord del chiostro furono effettuati ampliamenti e fu rifatto l’ampio refettorio.
Nel tardo Quattrocento nella chiesa risulta la presenza di diversi altari di famiglie pistoiesi e all’interno dell’aula era disposto un ampio coro. Fra il 1471 e il 1480 venne trasportata in una cappella analoga a quella di San Benedetto in controfacciata, ma a destra dell’ingresso, un’immagine affrescata dell’Annunciata, dipinta su una parete del coro, ritenuta miracolosa.
Consistenti trasformazioni avvennero durante il Cinquecento sia nella chiesa che nel convento, con la ristrutturazione degli altari e la pittura delle relative tavole. A questa opera collaborarono artisti pistoiesi e fiorentini, come Gerino Gerini (1480-1531), Fra Paolino (1488-1547), Domenico di Marco Rossermini (documentato dal 1497 al 1530), Bernardino di Antonio del Signoraccio (1460-1540), Giuliano di Iacopo di Bandino Panciatichi (1487-1551), Iacopo Centi (notizie fra il 1538 e il 1572), Bernardino di Antonio Detti (1498-1566), Leonardo Malatesta (1483-1524), Piero Scalabrino (1541-1615), Sebastiano Vini (1528-1602), Santi di Tito (1536-1603).
L’altare maggiore fu dotato, a spese dei nuovi patroni Baldinotti, della tavola dipinta dal pistoiese Domenico di Marco Rossermini, databile fra il 1525 e il 1526 e raffigurante la Madonna col Bambino in trono e i santi Bartolomeo, Giovanni Evangelista, Iacopo e Tommaso.
Fra il 1528 e il 1529 vennero demolite preesistenti cappelle esterne sul lato sud, erette nella stretta parte di terreno adiacente al vicolo dell’Arcadia.
I due altari delle cappelle laterali a quella maggiore, nel presbiterio, furono decorati rispettivamente a sinistra da un quadro dipinto da Iacopo Centi nel 1568 (poi sostituito dalla tavola con la Nascita della Vergine, eseguita nel 1608 dal fiorentino Lodovico Cardi, detto il Cigoli), mentre l’analogo altare a destra fu ornato dalla tela con la Presentazione al tempio dipinta nel 1577 da Sebastiano Vini.
Fra il 1579 e il 1580, al lato della cappella dell’Annunziata, fu praticata un’apertura sulla parete sud della chiesa e realizzato nell’area esterna un vano quadrangolare adibito a coretto di questa cappella, terminato nel 1588 con la pittura della volta a crociera, con grottesche e quattro storiette di Maria, ad opera di Piero Scalabrino.
Nel XVI secolo anche il convento subì profonde trasformazioni, specialmente con la ristrutturazione, fra il 1517 e il 1545, del chiostro grande, con la sostituzione dei precedenti porticati con loggiati in stile rinascimentale, dotati sui lati di nord-est di veroni, che furono costruiti anche sopra l’ala porticata del secondo chiostro, detto “del pozzo”, prospiciente a nord sull’ampia area dell’orto conventuale.
Sopra il braccio nord del convento vennero costruite camere, anche per i novizi, e sistemato l’appartamento del priore e la libreria.
Durante il Seicento il chiostro grande, detto anche “chiostro dei morti”, accolse in varie occasioni festive anche la società dei laici e membri delle famiglie committenti degli altari e altri arredi liturgici nella chiesa.
Nel secolo XVII furono eseguite anche le pitture nelle lunette del chiostro grande, partendo da quella sopra la porta della sagrestia, in angolo con la chiesa, e proseguendo in senso antiorario.
Le prime sei lunette dell’ala est furono affrescate tra il 1601 e il 1602 dal pittore fiorentino Bernardino Poccetti, iniziando con l’Incoronazione della Vergine e proseguendo con cinque temi della prima storia servitana fiorentina: La Vergine appare ai sette santi fondatori; Il ritiro dei sette fondatori a Villa Camarzia; I sette fondatori ricevono la regola di Sant’Agostino; I medesimi ricevono l’abito dalla Vergine; Prodigio della SS. Annunziata dipinta da mano angelica.
Le altre venti lunette sono dedicate al Beato Bonaventura Bonaccorsi, membro di un’importante famiglia ghibellina pistoiese, convertitosi grazie all’esempio di San Filippo Benizi, primo priore dei Servi, nel 1276: i soggetti furono stabiliti dal dotto padre dei Servi Arcangelo Giani (1552-1623).
I temi illustrati sono i seguenti: Il beato Bonaventura è coinvolto nelle fazioni civili pistoiesi; Lo stesso assiste a una predica tenuta a Pistoia da San Filippo Benizi; Il beato Bonaventura distribuisce ai poveri le proprie ricchezze; Lo stesso si converte davanti a San Filippo Benizi; Il beato ripara i torti commessi e si riconcilia con i nemici; Il beato abbandona il mondo per farsi servo di Maria; San Filippo Benizi lo veste dell’abito dei Servi; Il beato Bonaventura si flagella dinanzi al Crocifisso; Ildebrando vescovo di Arezzo accoglie il beato Bonaventura; Il beato libera un’ossessa dai demoni; Il beato su incarico del vescovo di Arezzo fonda la chiesa di S. Maria Novella a Montepulciano; Il beato per ordine del vescovo di Arezzo veste la beata Agnese da Montepulciano; Il beato assume la direzione del convento di Pistoia; Lo stesso istituisce la compagnia femminile delle Sorelle dell’Addolorata; Lo stesso fa la questua in Pistoia; Il beato accompagna San Filippo Benizi a Todi; La beata Margherita da Montepulciano riceve l’abito servitano dal beato Bonaventura, mentre appare un’icona della Vergine; Santa vita del beato come priore del convento; Morte del beato Bonaventura; Venerazione del suo corpo nella chiesa dei Servi di Orvieto.
Il programma iconografico comprendeva una scritta esplicativa sotto ogni lunetta, con sotto lo stemma della famiglia pistoiese che ne aveva finanziato la pittura, e busti dei cardinali e dei vescovi appartenuti ai Servi, entro cornice, sui peducci delle volte.
Le famiglie i cui stemmi compaiono al di sotto delle lunette sono quelle dei Bracciolini, Peraccini, Baldinotti, Bonaccorsi, Gatteschi, Panciatichi, Rossi, Cancellieri, Bracali, Sozzifanti, Rospigliosi, Moretti, Paribeni.
Il ciclo pittorico, dopo le pitture di Bernardino Poccetti, riprese il 29 settembre 1633, quando il fiorentino Francesco Montelatici, detto Cecco Bravo (1601-1661), dipinse cinque lunette nella parete nord (le lunette 7, 8, 10, 11, 13) e una sulla parete ovest (lunetta 14), iniziando le storie del beato Bonaventura.
Le lunette seguenti sul lato ovest non sono documentate ma sono attribuibili ai pistoiesi Alessio Gimignani (1567?-1651) e Francesco Leoncini (1601-1647): furono eseguite probabilmente dopo le pitture di Cecco Bravo del 1633 e prima di quelle dipinte da Giovanni Martinelli nel 1654.
A Giovanni Martinelli (1600 o 1604-1659) furono assegnate le ultime cinque lunette (le 22, 23, 24, 25, 26), raffiguranti sul lato meridionale del chiostro gli ultimi anni di vita del beato Bonaventura. Queste furono dipinte a partire dal 27 aprile 1654.
Per completare il ciclo pittorico, mancavano ancora due lunette sul lato settentrionale (la 9 e la 11), perché ne impedivano l’esecuzione due finestre del refettorio, che dovettero essere spostate, e soltanto nel 1696 Filippo Cremoncini affrescò queste due lunette per volontà di Benedetto Baldinotti.
Sul finire del Seicento l’aggiornamento del chiostro si completò con grandi figure di telamoni, raffigurati a intervalli regolari nella fascia basamentale, dipinti insieme con prospettive scenografiche da Francesco Maria Piastrini insieme col figlio Giovanni Domenico (1698).
Sempre nel Seicento, e precisamente fra il 1619 e il 1620, furono attuate trasformazioni anche nella chiesa con la costruzione di una seconda sagrestia, attigua alla cappella maggiore. Nel 1692 fu unificato il piano di copertura del tetto, eliminando una più bassa soffittatura della parte presbiteriale, dove furono recuperate sette antiche tavole trecentesche raffiguranti I sette beati fondatori. Queste tavolette vennero inviate alla casa madre a Firenze come testimonianza dell’antico culto per i sette fondatori.
Un grandioso ridisegno della chiesa fu progettato agli inizi del Settecento dall’abate, poi canonico del Duomo, architetto Francesco Maria Gatteschi (1656-1722). L’intervento si iniziò con il rifacimento della facciata, già in corso nel 1703. Subentrò comunque al Gatteschi l’architetto Giovacchino Fortini (1671-1736), che rinnovò la cappella maggiore e il relativo coro e le pareti dell’aula.
La cappella maggiore nel 1703 venne ridisegnata con decorazioni in stucco; l’ornamento dell’arcone di accesso si deve allo stuccatore Francesco Covini da Marsiglia. La tavola cinquecentesca di Domenico di Marco Rossermini fu trasportata sulla parete di fondo della stessa cappella; nel 1704 fu realizzato in muratura  l’altare maggiore barocco staccato dalla parete, mentre il precedente fu venduto. Fra il 1754 e il 1756 questo altare in muratura fu sostituito da un altare marmoreo su disegno di Angelo Fortini (1682-1755).
Le pareti della cappella maggiore accolsero entro nicchie le due statue realizzate nel 1590 dal frate servita Giovannangelo Lottini e raffiguranti San Filippo Benizi e Il beato Bonaventura. La finestra della cappella assunse una forma “a campana”, e alle pareti laterali vennero sistemati i due quadri d’altare rispettivamente a sinistra di Santi di Tito (L’Assunta con i santi Francesco, Iacopo e Filippo Benizi, resasi disponibile dal 1691 per la trasformazione dell’altare laterale dedicato a san Filippo Benizi), e a destra di Alessio Gimignani con San Carlo Borromeo (commissionata nel 1614).
Le trasformazioni proseguirono con gli altari dell’aula, il primo dei quali nel 1704 fu l’altare dell’Addolorata di patronato Puccini, costruito in legno, in parte dorato, alla romana e dotato di una nuova tavola dipinta dal fiorentino Pietro Dandini (1646-1712). Questo altare fu modificato ai primi del Novecento dall’architetto-decoratore Luigi Zumkeller, che realizzò al centro una nicchia per una statua della Madonna dei Dolori al posto della precedente tavola, aggiungendo degli angeli in stucco ai lati.
Fra il 1716 e il 1726 tutti gli altari dell’aula vennero uniformati e furono demolite le due cappelle in controfacciata. Nel 1717 fu eliminato anche l’altare di S. Caterina della famiglia Cheli, sulla parete sud, che non era simmetrico rispetto agli altri. Nel 1720 l’altare della Concezione di patronato Tolomei, che aveva preso il posto in controfacciata dell’antica cappella di S. Benedetto, venne decorato con stucchi e dorature e dotato di un quadro fatto eseguire a Roma con l’Immacolata Concezione, attribuito a Tommaso Redi (1665-1726).
Nel 1726 fu trasformato l’antico altare dell’Annunziata, di patronato Peraccini, con un disegno analogo a quello della Concezione.
I due altari in controfacciata furono ornati con un ricco fastigio in stucco ad opera dello stuccatore Bernardino Cremona (documentato dal 1680 al 1728). Allo stesso Cremona si devono gli ornamenti in stucco delle cantorie (1721-1726) e le cornici nella parte inferiore delle pareti perimetrali dell’aula, affrescate all’interno da Giovan Domenico Ferretti (1692-1768) e collaboratori (nella zona presbiterale: Cristo in pietà, Addolorata; nelle pareti dell’aula: Angioletti con versetti biblici entro cartigli).
Nel 1720 venne eseguita la pittura della volta della cappella maggiore, con l’Annunciazione, in stile tardo barocco, attribuita a Giovan Domenico Ferretti, mentre le “quadrature” (vedute in prospettiva) sono ritenute di Lorenzo del Moro (1677-1735). La parte superiore dell’aula, dove compaiono entro cornici i ritratti dei santi dei Servi, fu ristrutturata su disegno di Giovacchino Fortini in quello stesso anno e affidata poi a Niccolò Nannetti (1665-1749) per le pitture.
Fra il 1754 e il 1756 fu rielaborato il presbiterio, con una balaustrata e un pavimento marmoreo che andavano a completare il nuovo altare in marmo. L’esecuzione dell’altare fu affidata ad Angelo Fortini mentre l’incorniciatura in stucco dei due altari laterali del presbiterio fu commissionata nel 1757 allo stuccatore e architetto Tommaso Cremona, che avrebbe poi assunto la direzione dei lavori nella chiesa.
Si progettò il 16 maggio 1755 anche una nuova copertura a volta dell’aula, per cui si rialzò l’intera orditura del tetto. La sopraelevazione rese necessaria anche una ristrutturazione della facciata affidata allo stesso Tommaso Cremona. Tuttavia la volta non poté mai essere eseguita, dato che il convento servitano fu soppresso dal vescovo Scipione de’ Ricci il 14 novembre 1786.
Tuttavia prima di questa data i frati dei Servi fecero in tempo a realizzare l’ampliamento del convento, con una nuova foresteria ornata in stile barocchetto nell’angolo di nord-est del convento, e con la sede destinata a scuola di teologia, corpo di fabbrica che si affaccia ancor oggi su via dei Baroni, eretto fra il 1772 e il 1773.
Lo progettò il fiorentino Zanobi del Rosso (1724-1798), ingegnere di Pietro Leopoldo di Lorena, granduca di Toscana.
Per un parere circa la costruzione venne interpellato anche il famoso ingegnere granducale Niccolò Gasparo Maria Paoletti (1727-1813). Il nuovo volume edilizio si sovrapponeva a tutta una serie di vecchie costruzioni adibite a vari usi, che completavano verso ovest il convento: di fatto inglobate nella nuova fabbrica, in cui il collegamento di tutti gli ambienti al primo, secondo e terzo piano era attuato con corridoi centrali rispetto ad ambienti che si affacciavano rispettivamente sulla strada e sul chiostro grande.
Il pittore fiorentino Michele Loi ebbe l’incarico nel 1775 di decorare con una finta prospettiva aerea la volta dello scalone monumentale a doppio volume, che metteva in comunicazione il chiostro grande con il primo piano della scuola di teologia.
Il complesso, dopo la prima soppressione, fu in parte restituito ai Servi nel 1794, e la chiesa divenne parrocchia, ma tutto il complesso fu di nuovo soppresso durante il regime napoleonico nel 1810; ritornò ai frati solo nel 1856, ma decurtato dal 1859 di una grossa parte del convento, destinato ad usi militari.
Fra il 1897 e il 1899 l’unica costruzione nuova nella chiesa fu la cappella di S. Giuseppe in stile neogotico, aperta sul lato destro (meridionale) della chiesa.
Attualmente (luglio 2011) il tetto della chiesa è interessato da pericolosi dissesti statici, mentre la parte demaniale del convento, dove si è già verificato di recente il crollo di una porzione del tetto dell’ala nord, si trova in stato di abbandono. Assegnata dallo Stato come nuova sede dell’Archivio di Stato di Pistoia, non è stato possibile iniziare i lavori di ristrutturazione nel fabbricato demaniale per mancanza di finanziamenti.

(da Cristina Bruni, Una scheda per la SS. Annunziata, “storialocale” 15, 2010, pagg. 58-87)