sabato 1 ottobre 2011

IL COMPLESSO MONUMENTALE DI SAN LORENZO A PISTOIA

PROFILO STORICO-ARCHITETTONICO
Il complesso monumentale di San Lorenzo a Pistoia ebbe origine da una delle due comunità di Frati Eremitani già insediatisi nelle vicinanze di Pistoia intorno alla metà del Duecento. Un romitorio con cappella esisteva già presso Gugliano nel 1254, ad ovest della città. Il secondo insediamento eremitico è menzionato nel 1272 nella zona collinare a nord dell’abitato urbano, in località Valle Bona. In tale data questi frati eremitani avevano chiesto e ottenuto dal Vescovo Guidaloste di poter edificare una nuova chiesa all’interno della cinta muraria delle circole, nei pressi del fiume Brana, nel territorio di Porta Guidi, sotto il titolo della Gloriosa Vergine e del Beato Lorenzo.
La posa della prima pietra della chiesa di San Lorenzo avvenne il 3 luglio 1278 ed i lavori di costruzione proseguirono durante il secolo seguente; invece dal penultimo decennio del XIII secolo i frati si curarono di acquisire i terreni necessari per il complesso conventuale e la relativa piazza.
L’impianto agostiniano fu l’ultimo di quelli conventuali degli Ordini Mendicanti a Pistoia, fu preceduto infatti da Francescani, Domenicani, Servi di Maria e Carmelitani.
A questi Ordini conventuali andarono ad unirsi nel 1288 gli Umiliati, frati a vocazione pauperistica di origine lombarda.
La costruzione della grande chiesa di San Lorenzo fu effettuata utilizzando in parte il pietrame ricavato dalla demolizione di tratti della seconda cerchia di mura cittadine, concessa dal Consiglio comunale tra 1293 e 1295.

La struttura della chiesa, che assunse dimensioni amplissime fra Medioevo e Rinascimento, seguì gli stilemi dell’architettura gotica mendicante, consistente in un ampia navata unica coperta con una orditura lignea a vista e zona absidale arricchita di cappelle. In un edificio simile rivestiva grande importanza il coro, che serviva a distinguere la zona della chiesa adibita al culto divino da parte dei frati dalla parte destinata invece ai fedeli.
Già nel 1309 la zona presbiteriale ed il coro dovevano essere prossimi alla conclusione; alla metà del secolo buona parte dell’ampia navata unica doveva essere perimetrata da mura. Verso la metà del Trecento, e specialmente dal 1348, anno in cui scoppiò la peste nera, si ha notizia documentaria della richiesta da parte di vari personaggi pistoiesi di essere sepolti all’interno della chiesa, e questo significa che era in buona parte formato lo spazio interno dedicato ai laici. Si pensa che l’intero perimetro murario della chiesa sia stato terminato intorno al 1360, perché è menzionata la porta principale anteriore.
Considerando le proporzioni dell’edificio, non canoniche rispetto a quelle adottate dai mendicanti, è ipotizzabile che l’intero volume della chiesa comprendesse allora anche un’aggiunta in direzione sud-ovest per ampliare lo spazio dedicato ai fedeli. Pare confermarlo il fatto che la linea di facciata sopravanza il fronte del lato di sud-ovest che delimita il chiostro grande.
Nella seconda metà del secolo XIV si ha la sistemazione della grande porta lignea a due ante per l’ingresso in facciata, donata dal comune nel 1363 e proveniente dal San Giovanni Battista.
Nel 1368 i frati erano ancora dietro alla copertura di parte del tetto ligneo e quindi il completamento della chiesa è da ritenersi posteriore a questa data.
Le indagini compiute sulle pareti interne dell’ampia aula della chiesa, in seguito ai restauri della Soprintendenza (1989-2000), hanno messo in luce una ricca campionatura di affreschi databili fra gli ultimi decenni del Trecento e parte del quattrocento, a testimonianza della frequentazione e della devozione di membri di agiate famiglie pistoiesi che si facevano seppellire al suo interno.
Nello stesso periodo sono attestati alcuni altari: l’altare maggiore era di patronato Dondori; la cappella laterale sinistra era dedicata a Santa Caterina, sotto il patronato della famiglia Panciatichi, mentre la cappella laterale destra era dedicata a San Giovanni Battista e alla SS. Trinità, con l’originario patronato di Ranieri Simiglianti.
Dopo i cancelli che separavano il coro dalla parte destinata ai fedeli, è nota la posizione dell’altare di San Lorenzo, seguito dall’altare di San Nicola da Tolentino e da quello di S.Agostino, collocati tutti sul fianco sinistro adiacente al chiostro.
Sono documentati nella prima metà del Trecento la Sagrestia, la sala Capitolare ed un secondo braccio del chiostro, ma anche una farmacia, a testimonianza di una notevole ricchezza di articolazioni del convento. Sul secondo lato del chiostro, al di sopra di questi ambienti, era stato realizzato il dormitorio, mentre nel braccio contrapposto che delimitava sul lato di sud-ovest il chiostro, si trovava la Compagnia della Crocetta, con il relativo oratorio: essa era una Società di Disciplinati già menzionata nel 1338 (quando è attestato il sepolcro comune ubicato in chiesa) e nel 1387.
Alla fine del Trecento il complesso conventuale aveva raggiunto sostanzialmente la sua definitiva conformazione.
Durante il Quattrocento non sono documentati gli interventi architettonici più importanti, e neppure restano notizie della costruzione dell’attuale chiostro in forme rinascimentali, tuttavia essa può essere collocata, proprio per le forme di riferimento ancora michelozziane, entro i tre ultimi decenni del Quattrocento, come parrebbe indicare la conformazione dei capitelli ionici ivi adottati.
Restano tuttavia importanti indizi documentari di opere di rifacimento, sia per la chiesa che per il convento, durante il tardo secolo XV. Tali interventi, piuttosto costosi, interessarono la facciata della chiesa, nell’ultimo decennio del Quattrocento, ed anche il complesso conventuale. Per quest’ultimo tuttavia non conosciamo quali siano state le modifiche fatte. Risalgono a questo stesso momento storico i due grandi affreschi eseguiti in controfacciata fra il 1480 ed il 1490: quello a sinistra del portale maggiore, raffigurante la Madonna con il Bambino ed i Santi Sebastiano e Tobiolo è attribuito ai pittori Niccolò di Mariano e Bernardino del Signoraccio, mentre l’affresco di destra, raffigurante una natività, di poco più tarda, è ritenuto opera di Niccolò di Mariano.
All’interno della chiesa, quando venne effettuata nel 1582 la visita ad opera del visitatore apostolico Monsignor Angelo Peruzzi Vescovo di Sarsina, la situazione degli altari risulta già modificata rispetto alla configurazione trecentesca. Le due dedicazioni delle cappelle laterali del coro erano rimaste le stesse, ma il patronato di quella di destra era passato ai Villani. La cappella di sinistra, dedicata a Santa Caterina, era ancora sotto il patronato Panciatichi ma risultava in abbandono. Sul lato sinistro della chiesa, continuavano ad esservi gli altari di San Lorenzo, di San Nicola da Tolentino e di S.Agostino ma vi si erano stati aggiunti l’altare della Concezione ed un secondo altare sempre dedicato alla Vergine, in fondo alla chiesa, probabilmente in relazione con l’affresco di Niccolò di Mariano e di Bernardino del Signoraccio. Sul lato destro della chiesa si trovavano gli altari di San Jacopo, di San Sigismondo, di Santa Monica e l’altare della visitazione della Vergine.
Ai primi del Seicento un ruolo di particolare rilievo ebbe il chiostro grande, dove le lunette furono dipinte con storie di S.Agostino da Ulisse Giocchio da monte San Savino nel 1617. Una finta lapide dipinta ai piedi di una lunetta del secondo braccio del chiostro, ne attesta la paternità. Il pittore, come dimostrano le ricevute del 1611, evidentemente si era trattenuto più anni nel convento. Giuseppe Dondori, erudito sacerdote del Seicento (della Pietà di Pistoia, 1666) attesta che ai suoi tempi tutti i disomogenei altari precedenti erano stati trasformati negli altari contro riformati di pietra di macigno. Per altro la chiesa, intorno al 1586-1587, era stata dotata di un organo costruito ad opera di Cesare Romani da Cortona, la cui mostra fu realizzata dal maestro Jacomo Bartolomei da Pistoia.
Alla fine del settecento gran parte del convento e della chiesa furono occupate dalle truppe napoleoniche, e l’occupazione si ripetè qualche anno dopo. Con i due decreti napoleonici del 1808 e del 1810 la comunità agostiniana di San Lorenzo venne soppressa, lasciando posto nel 1815, e fino al 1866, alla comunità dei Cappuccini, di servizio agli Spedali Riuniti.
La plurisecolare presenza dei frati agostiniani in quest’area urbana aveva anche contribuito a rimodellare l’area urbana circostante al complesso conventuale; in particolare, tra Sei e Settecento con la costruzione di diverse case popolari da dare in affitto, tuttora in gran parte rimaste intorno alla piazza.
Nell’Ottocento alcuni documenti di carattere tecnico amministrativo informano sullo stato di conservazione dell’antico complesso conventuale. Particolarmente importante fra questi è una planimetria del 1828, grazie alla quale possiamo conoscere con esattezza la conformazione della chiesa e dell’annesso convento. All’interno dell’edificio religioso compaiono su ciascuno dei due lati che si rispondono simmetricamente; alle spalle della cappella di Santa Caterina, sulla sinistra della cappella maggiore, risulta ancora un vano a perimetro quadrangolare che corrisponde all’antico basamento del campanile, attualmente perduto.
Con le soppressioni del periodo post unitario, il complesso monumentale conobbe notevoli cambiamenti e nuove destinazioni d’uso. Per breve tempo la chiesa continuò ad essere aperta al culto come parrocchiale, mentre il convento fu utilizzato anche come ricovero e ospizio e poi restituito alla municipalità. Dal 1877 ebbe inizio una radicale trasformazione ad opera del demanio militare che incise soprattutto nella conformazione della chiesa, dalla quale, fra il 1881 ed il 1883, furono tolte le mostre d’altare in pietra, acquistate dall’antiquario Bardini e collocate sulla facciata del suo palazzo fiorentino ad incorniciare le finestre, e le varie tele, di alcune delle quali si sono perse le tracce.
La trasformazione della chiesa agostiniana in distretto militare comportò la realizzazione all’interno di una struttura portante costituita da nove setti murari trasversali dotati di grandi arcate di passaggio sui quali furono impostati due solai lignei determinando la frammentazione dell’originario spazio unitario. La necessità di dotare questi nuovi spazi di alloggiamento militare di adeguate aperture finestrate, portò inoltre alla realizzazione di tre ordini di finestre che si aprivano sul fronte est e, per i soli due livelli superiori, anche in facciata e sul fronte ovest, al di sopra del chiostro.
Di particolare importanza per la tecnica ingegneristica adottata è la scala di accesso ai vari livelli, impostata su volte rampanti alla romana, realizzata all’interno dei vani un tempo corrispondenti alla cappella di Santa Caterina e all’adiacente campanile.
Già alla fine dell’Ottocento comunque era nota la presenza di affreschi sotto lo scialbo delle pareti perimetrali della ex chiesa, oramai trasformata in distretto militare, e così anche agli inizi del Novecento: ad esempio la grande crocifissione che decorava la lunetta esterna sopra la porta principale di ingresso, che corse il rischio di essere rovinata durante i lavori di trasformazione del demanio, venne preservata grazie anche alle proteste dell’opinione pubblica con la realizzazione di una controparete. Solo nel restauro realizzato nel 2003-2004 il dipinto tardo Trecentesco è stato rimesso in luce.
Dopo l’ultima guerra l’ex chiesa divenne un rifugio per gli sfollati e poi, sino agli anni Sessanta fu utilizzata anche come locale per la produzione di mobili (Arte del legno di Arrigo Nobili, come testimoniava ancora fino alla fine degli anni ottanta la scritta in facciata). In seguito il complesso fu utilizzato come deposito dei cantieri comunali.
L’ipotesi di destinare l’ampio volume della ex chiesa di San Lorenzo come nuova sede dell’archivio di Stato di Pistoia ha promosse l’avvio dei lavori di restauro nel 1989. Rivelatasi poi inattuabile questa ipotesi i lavori di restauro sono stati interrotti al consolidamento delle strutture e delle coperture ed ai saggi esplorativi sulle pareti che hanno fatto emergere in gran parte ciò che resta degli affreschi Tre-Quattrocenteschi. L’intervento effettuato dalla Soprintendenza è servito anche a recuperare e a dare nuova dignità architettonica all’attiguo chiostro rinascimentale. Mancano attualmente precise destinazioni d’uso del complesso.


Attualmente il complesso monumentale, perimetrato da piazza San Lorenzo, via del Maglio, via del Piloto e via della Crocetta, è suddiviso in due proprietà: l’ex convento è di proprietà del comune di Pistoia, e comprende una superficie totale di 5.100 mertri quadrati, con spazi porticati per 890 metri quadrati e spazi aperti per 3.550 metri quadrati. Il chiostro grande si estende per 1.850 metri quadrati. L’ex chiesa invece, rimasta di proprietà demaniale, è sotto la custordia della Soprintendenza. L’edificio si estende in lunghezza per circa 75 metri ed in larghezza per circa venti metri, con una superficie di base di circa 1.500 metri quadrati. Dei tre livelli utilizzabili nella sistemazione a caserma, attualmente restano quello a piano terreno e quello del sottotetto.
  1 ottobre 2011
Scheda a cura dell'Associazione di volontariato culturale “Pistoia città di tutti”