venerdì 15 luglio 2011

Proposta di valorizzazione del chiostro grande del Convento di San Lorenzo a Pistoia

CHIOSTRO DI SAN LORENZO A PISTOIA PROPOSTA DI VALORIZZAZIONE TRAMITE SISTEMAZIONE A VERDE
Foto aerea del complesso di San Lorenzo con evidenziata l'area del chistro grande, oggetto dell'intervento
NOTE STORICHE
Il chiostro conventuale o monastico nel Rinascimento (Lucia Gai)
Già nell'alto Medioevo il chiostro, attiguo alla chiesa, ha un'importanza fondamentale per la vita in comune del clero e dei monaci. La celebre planimetria del monastero benedettino di San Gallo, disegnata su pergamena prima dell’829, in età carolingia, configura il ruolo del chiostro quadrato, con camminamento interno perimetrato da colonne sorreggenti arcate, vero e proprio elemento ordinatore, dotato di perfezione geometrica, del complesso monastico. Questo modello, a partire dalla riforma della vita canonicale nelle cattedrali, stabilita con la Regola di Crodegango vescovo di Metz del 754, fra il 755 e l'815 si era esteso ed era stato seguito in tutto l'impero carolingio, sviluppandosi, poi in vario modo per tutto il Medioevo. Nelle architetture carolingie il quadrato serve da principale modulo compositivo per gli edifici sacri, con un caratteristico riferimento alle concezioni classiche proporzionali in base al Pitagorismo e al Neoplatonismo, sistemi di pensiero per i quali i numeri avevano una funzione allegorica o di rimando alla perfezione dell'Universo e al Divino. In base a queste teorie il quadrato soprattutto significava il rapporto fra Terra e Cielo, ma anche la precisa percezione, da parte della mente e dello spirito umano, del perfetto rispecchiarsi in questa forma geometrica della perfezione divina, universale, che si riflette nella Creazione. La simbologia della Creazione, secondo le teorie pitagoriche, viene espressa numericamente col raddoppiarsi all'infinito dell'Uno o Unità, nella serie di numeri pari: [1], 2, 4, 8, 16... o nel sommarsi dell'Uno (Dio) con la Natura o Generazione, fatta di numeri pari, nella serie dei numeri dispari: 1, 1+2=3; 3+2=5; 5+2=7; 7+2=9... Il quadrato, forma geometrica perfetta in cui il rapporto fra i lati pari a 1:1,ha rapporto anche con la musica, perché rappresenta l'unisono (un coro a più voci tutte intonanti la medesima nota e, metaforicamente, l'espressione del concetto di totale adeguamento alle leggi universali e perfette dell’Uno). Naturalmente, non mancarono per tutto il Medioevo ed oltre soluzioni architettoniche di chiostri canonicali o monastici dalla forma imperfetta e non rigorosamente quadrata, per cause contingenti: tuttavia non venne mai meno il riferimento dei chiostri medioevali al perfetto modello quadrato, metafora dell'adeguarsi del religioso all'universale ‘disegno' divino espresso mediante l'architettura. I principi architettonici medioevali ispirati alle filosofie pitagorica e neoplatonica trovarono una nuova attualizzazione nel pensiero del Rinascimento fiorentino, soprattutto per quanto riguarda il reticolo proporzionale che legava fra loro le varie parti della chiesa.
Le forme geometriche semplici, simbolo di perfezione, quali il cerchio (metafora dell'Uno e dell'Infinito) e il quadrato (metafora della Terra e della Creazione naturale) e la corrispondente serie dei numeri dispari e pari per le proporzioni delle parti guidano perciò la progettualità dei principali architetti rinascimentali soprattutto fra XV e XVI secolo. Gli studi sulla teoria e la pratica degli architetti rinascimentali in Italia hanno comunque privilegiato architetture religiose come la chiesa oppure architetture profane come quelle dei palazzi ed altri edifici pubblici (e basti fare riferimento al mai invecchiato libro di Rudolf Wittkover, Principi architettonici dell’età dell’Umanesimo, ed. italiana, Torino, Einaudi, 1964), senza estendere l’analisi ad una sufficiente campionatura di complessi monastici o conventuali ristrutturati o modificati fra XV e XVI secolo, dai quali emergesse la configurazione dei chiostri allora realizzati e il loro recupero della pianta quadrata perfetta, come elemento generatore dell'intera sede conventuale o monastica. È evidente che questo recupero di una figura geometrica per lunghissima tradizione culturale dotata di profondi significati allegorici e religiosi non è casuale, e anzi impone che, ove essa sia stata intenzionalmente applicata, ne debba essere individuato il ruolo e il significato, nel preciso contesto storico-culturale e urbanistico in cui si trova.

Per quanto riguarda il complesso conventuale di S. Lorenzo a Pistoia, mancano tuttora studi che consentano di stabilire un rapporto fra i frati Agostiniani ivi residenti e la cultura più avanzata e innovatrice, delle élites rinascimentali del secolo XV. Tuttavia un indizio di questi rapporti è offerto dalle illustri figure di fra Niccolò e fra Antonio Puccini, di cui sono note le relazioni con Firenze e il Papato. In special modo fra Niccolò vissuto entro la prima metà del Quattrocento, dottissimo ed eloquente, confessore del pontefice Eugenio IV (1431-l447) e anch’egli morto nel 1447, di cui si conserva tuttora la lapide sepolcrale scolpita in rilievo in marmo, la cui forza plastica e ritrattistica rimanda ad uno scultore rinascimentale fiorentino degno di essere ulteriormente indagato. La cultura umanistica rinascimentale doveva far parte della vita dei frati Eremitani di S. Lorenzo a Pistoia, e non pare un caso che il rinnovamento del loro chiostro con la planimetria perfetta del quadrato (databile entro la seconda metà del secolo XV) faccia parte di una vasta riconfigurazione urbanistica, iniziata nella zona di nord-est di Pistoia sotto la direzione dell'architetto Michelozzo di Bartolomeo per il complesso ospedaliero del Ceppo e il suo oratorio e per l'attiguo santuario mariano della "Vergine Maria a San Lorenzo", (quest’ultima prospiciente la stessa piazza su cui si affacciava il complesso di S. Lorenzo) e attuata, fin dagli anni Trenta del Quattrocento, sotto l'egida dei Medici e del principale loro rappresentante a Pistoia, il vescovo Donato (1436-1474).
Il chiostro quadrato, dalle perfette proporzioni rinascimentali, del convento di S. Lorenzo, in origine
munito di un pozzo (anch’esso dal valore simbolico: si pensi all'episodio evangelico della Samaritana al pozzo, vera e propria metafora del rapporto tra i frati e Cristo Fonte di Vita eterna) era destinato a riqualificare il significato stesso di quella vita in comune, dedita alla meditazione, alla preghiera, alla predicazione e ai culto divino fin dal tardo Duecento. Ivi il chiostro, destinato principalmente alla meditazione itinerante dei frati, immersi in preghiera, ma anche all’accoglienza e alla festa con i benefattori, era il segno dell’esistenza, ogni giorno rivissuta dai religiosi, della Città di Dio sulla terra, che la stessa perfezione dei rapporti proporzionali rivelava. Secondo quanto, agli inizi del secolo XII, prescriveva per i chiostri san Bernardo di Chiaravalle, che cioè dovessero essere spogli e privi di figure scolpite, per evitare che i religiosi in preghiera si distraessero, anche nel Rinascimento i chiostri dovevano mantenere una purezza di elementi costitutivi tale da consentire una profonda meditazione sulle cose divine. Per questo lo spazio di terreno compreso entro il recinto claustrale era spoglio di vegetazione, e talvolta aveva quattro vialetti lastricati in croce che portavano al pozzo, la cui posizione ottimale era quella centrica (cioè all'incrocio dalle due diagonali del quadrato).
Nel chiostro principale (o chiostro “dei morti", perché nei quattro bracci che lo formavano si seppellivano frati e benefattori) si esplicava il rapporto profondo, individuale, del singolo con Dio  la religione caratterizzante l'Ordine, mentre nel recinto corale all'interno della grande chiesa medioevale era tutta la comunità agostiniana a compiere gli atti di lode e di culto. Il tempo dell'attività manuale e dello svago era compreso entro la vita giornaliera del frate: a questo sopperiva l'ampio orto del convento, generalmente sul retro della residenza dei frati, talvolta anch'essa servito da una o più ali porticate, e spartito da vialetti ortogonali entro le cui aiuole erano piantate piante medicinali, alberi da frutto, ortaggi e pergolati di viti, e circondato da fabbricati di servizio atti a conservare i generi di prima necessità e le derrate alimentari. In queste strutture si verificano in genere grandi varietà di soluzioni progettuali e architettoniche, proprio perché in relazione con la varietas delle necessità quotidiane. Invece, il linguaggio architettonico del chiostro "grande" o "dei morti” coerentemente giocato sull'alta perfezione della pianta quadrata e dei rapporti proporzionali rigorosi per la lunghezza, la larghezza e l'altezza, evidenziava subito il suo altissimo ruolo religioso e spirituale, il suo aristocratico messaggio, che non consentiva la banalizzazione di quell’ambiente, che si presentava volutamente fuori dal tempo, e “astratto" rispetto ad una particolare localizzazione topografica.
PLANIMETRIA DEL COMPLESSO CONVENTUALE DI SAN LORENZO A PISTOIA
(Comune di Pistoia, Tavola del Project Financing del 2006)

II. RELAZIONE DESCRITTIVA DEL PROGETTO
(Miro C. Mati e Arianna Bechini)
Premesso che il vivaista Miro Mati, con la collaborazione di personale di sua fiducia, ha manifestato la volontà di offrire alla sua città a titolo gratuito la fornitura e messa a dimora delle piante sulla base del progetto concordato fra le parti coinvolte, nonché i successivi primi interventi di manutenzione, in considerazione di quanto evidenziato dalla dott.ssa Gai nella sua relazione storica, la soluzione progettuale per lo spazio del chiostro si propone di sottolinearne il rigore e l’eleganza, nel rispetto dello spirito del luogo, attraverso la piantagione di siepi formali di Buxus sempervirens Sel. Appenninica (selezione già utilizzata dalla ditta Mati nel giardino storico del chiostro di San Lorenzo a Firenze). L’immagine del chiostro dovrebbe conservare la memoria del suo ruolo passato e, allo stesso tempo, aprirsi a nuove aspettative legate alle varie funzioni compatibili che avranno luogo negli edifici attigui. La presenza del ‘golgota’ ottocentesco al centro del quadrato induce a creare un disegno dello spazio che ne valorizzi il significato, a testimonianza delle funzioni passate e che crei delle suggestioni visive lungo la passeggiata del loggiato. La proposta definisce quindi un impianto a raggiera che viene dimensionato secondo stretti rapporti proporzionali con il colonnato preesistente e tiene conto delle aperture irregolari di collegamento fra il giardino e il loggiato cercando di stabilire un ordine armonico fra i diversi percorsi.
La proposta progettuale mira ad arricchire lo spazio conventuale con elementi vegetali che ne stimolino percettivamente la fruizione da parte del pubblico. Il senso del ‘tempo sospeso’ delle siepi sempreverdi, mantenute in rigore topiario, viene solo apparentemente ‘disturbato’ da una scansione ritmica regolare di 8 vasi di azalee storiche in vaso (derivate per riproduzione agamica da quelle conservate nel Chiostro di San Lorenzo a Firenze), poste lungo il perimetro del quadrato. Sempre su questa linea, altri 4 vasi di azalee disposte su ‘cesti’ di mirto e bosso, contenuti in forma limitata, per un totale di 12 elementi floreali, sono destinati a sottolineare la presenza del ‘golgota’ quale punto focale del chiostro.
PLANIMETRIA DI PROGETTO

Il suolo viene mantenuto a prato e in speciali occasioni, come quando i monaci aprivano straordinariamente il chiostro alla cittadinanza, i prati interni ai compartimenti di bosso potranno colorarsi di semplici fioriture della tradizione. Queste varie colorazioni potranno così rappresentare una alternativa alla policromia dei dipinti parietali del chiostro che osservavano i monaci durante la meditazione, ma che oggi sono per lo più perduti. Anche tali fioriture cicliche costituirebbero un elemento di attrazione per il nuovo fruitore del chiostro e si pongono come un omaggio non invasivo alla solennità del luogo.
Infine, l’eventuale realizzazione di 4 quadrati di pavimentazione (anch’essi dimensionati secondo precisi rapporti proporzionali) posati a secco alla quota del prato, possono ospitare all’occorrenza vasi con piante di agrumi o altro. Si consiglia di realizzare delle chiusure in corrispondenza dei varchi di collegamento fra loggiato e giardino e di regolare l’accesso a quest’ultimo solo per speciali occasioni.
 SCHIZZO PROSPETTICO DI PROGETTO

III. PROGRAMMAZIONE DEI LAVORI
(Miro C. Mati e Arianna Bechini)
Estate 2011: lavorazione superficiale del terreno per arieggiarlo ed eliminarne le erbe infestanti.
Autunno 2011: piantagione e sistemazione dell’impianto di irrigazione.
Primavera 2012: inaugurazione del chiostro con la prima ripresa vegetativa.
Specifiche sul sistema di irrigazione
Oltre alla messa a dimora delle piante, il personale specializzato di fiducia di Miro Mati si occuperà anche della realizzazione dell’impianto di irrigazione a goccia all’interno del chiostro con relativa centralina automatica. Quest’ultima sarà posizionata in corrispondenza del punto di presa della corrente e dell’acqua predisposto in luogo opportuno -prima dell’inizio dei lavori autunnali- a cura e spesa dalla stessa proprietà.

IV. PROSPETTO DEI COSTI DI MANUTENZIONE E GESTIONE
Lo stesso personale di fiducia di Miro Mati si occuperà a titolo gratuito della manutenzione del giardino del chiostro per i primi SEI mesi dalla messa a dimora delle piante.
In seguito potrà continuare ad effettuarne la manutenzione ordinaria chiedendo alla proprietà un contributo annuo a corpo di Euro 1.500/00 per i successivi DUE anni.
Per quanto riguarda l’apertura al pubblico, secondo un preciso calendario concordato con la Pubblica Amministrazione, potrà essere interpellata l’Associazione proponente “Pistoia città di tutti” per un’eventuale collaborazione di volontariato.
Nella consapevolezza dell’importanza di questo bene culturale, fermo restando l’impegno da parte dei vari enti coinvolti ad agire sempre secondo le regole del ‘buon padre di famiglia’, resta inteso che, sia in fase di cantiere che per le successive occasioni di apertura al pubblico, l’Amministrazione Comunale svolgerà un ruolo attivo fondamentale, tramite la supervisione di propri tecnici, sopralluoghi periodici e quant’altro necessario.

V. ELENCO DEI LAVORI SUPPLEMENTARI
Al fine di svolgere al meglio i suddetti interventi, di garantirne la durata nel tempo e poi di fruire in sicurezza del giardino, si evidenziano di seguito alcuni lavori che dovrebbero essere effettuati e che necessitano di finanziamento:
1. Realizzazione di chiusure (anche con semplici catenelle) degli accessi al giardino in corrispondenza dei muretti del loggiato;
2. Acquisto di n. 12 vasi in cotto dell’Impruneta non gelivo, diam. 60/65 cm per le azalee (o, in alternativa, utilizzo di vasi adeguati già in possesso della proprietà);
3. Eventuale pavimentazione in pietra/cotto, su letto di sabbia, di mq. 20 in totale, ove indicato.
Resterà a discrezione del Comune di Pistoia l’attuazione dei già prospettati presidi per l’accessibilità e la sicurezza del chiostro, nonché dell’adduzione d’acqua al medesimo, d’intesa con la Soprintendenza competente.