venerdì 9 novembre 2012

RIFLESSIONI SUL CENTRO STORICO DI PISTOIA

Patrimonio culturale e sviluppo locale.
Se si considera il patrimonio culturale fonte, espressione e base della cultura viva della società  e della comunità, esso può diventare  l’elemento da cui  comincia e continua il processo di sviluppo: il patrimonio è un capitale da far fruttare usandolo / modellandolo / interpretandolo a fini culturali (educativi), sociali (identità), economici ( non solo produttori di profitto ma per gli effetti di ridistribuzione delle risorse). Il patrimonio culturale è innanzi tutto locale, prima di essere nazionale o mondiale; il suo uso principale è riservato a  chi lo detiene, ai proprietari in senso giuridico, all’amministrazione pubblica in senso politico e alla comunità in senso morale e culturale. La gestione dovrebbe quindi essere il frutto della cooperazione di tutti gli attori presenti nel territorio (anche se spesso conflittuali).
Si tratta di un’applicazione particolare del concetto di sussidiarietà  per cui la gestione dovrebbe essere fatta il più vicino possibile ai creatori / detentori del patrimonio per non separarlo dalla vita. Il ruolo delle istituzioni specializzate è allora quello  di sensibilizzare, facilitare, educare, mettere in contatto, pubblicizzare, gestire  in funzione dell’interesse generale.
La conservazione del patrimonio culturale non è un obiettivo, ma un mezzo per porre alcuni beni al servizio di programmi o attività a lungo termine, secondo scenari (per es. educativi) che esigono il rispetto delle forme e il mantenimento/conservazione nel presente e nel lungo periodo.
Per servire allo sviluppo sostenibile (a lungo e a lunghissimo periodo) il patrimonio culturale va considerato come un tutto nella sua complessità e nell’interdipendenza dei suoi elementi; ciascun componente  del patrimonio non può essere dissociato dagli altri e le trasformazioni cui esso è soggetto riflettono l’evoluzione  della società, della cultura e del mondo circostante.
Questo equivale a dire  che ogni processo di sviluppo a livello territoriale  dovrebbe fondarsi sul patrimonio culturale facendo di esso il garante della partecipazione della comunità e dei suoi membri.
Se lo sviluppo locale si fonda sul patrimonio culturale inteso come elemento di continuità  e di stabilità, è possibile contenere  o riequilibrare  gli eventuali effetti dirompenti dei cambiamenti insiti nello sviluppo, cioè il patrimonio culturale può diventare l’elemento guida  che permette a singoli e alle comunità  di orientarsi tra mutazioni  ed eventi  generati dalla dinamica dello sviluppo / cambiamento.
Per svolgere questo ruolo il patrimonio culturale deve essere dinamico, esso stesso testimone del cambiamento; laddove cambiamento  non vuol  significare necessariamente / esclusivamente alterazione fisica o modificazione di luogo e di proprietà, ma piuttosto nuova interpretazione, nuovo uso, per contribuire direttamente al processo di sviluppo. Il patrimonio culturale risulta tanto più dinamico quanto più è fonte di iniziative  e creatività da parte della comunità, mostrando che esso può creare sviluppo a partire dalla propria ricchezza materiale e culturale (nella misura in cui è creativo e utile il patrimonio può essere trasmesso nel tempo).
Il patrimonio è anche una risorsa  per lo sviluppo: è anzi la risorsa che, con la popolazione si trova ovunque; è una risorsa al tempo stesso non rinnovabile (nella stessa identica forma) e parallelamente trasformabile e riproducibile, una risorsa che si rigenera  e assume forme nuove, almeno quando si integra con una dinamica di sviluppo, cioè di governo del cambiamento.
Nello specifico dei beni architettonici  (e ambientali)  appare acquisito che :
- il patrimonio da conservare  è un sistema di manufatti  eterogenei  e collegati fra loro che nell’ insieme formano l’ambiente di vita: si tratta  di coltivazioni, strade, canali, villaggi, città, edifici, manufatti selezionabili in base ad un grado di significazione e di coerenza  complessiva  tale da consentirci di ricostruire i legami perduti  o minacciati;
- questo sistema di manufatti è tanto più prezioso in quanto è ancora vivificato da un rapporto quotidiano  con le persone e le collettività di oggi.
Di qui il concetto di tutela attiva in cui scenario fisico e abitanti sono legati in modo inseparabile fra loro; inoltre si tratta di agire  non attraverso divieti e vincoli ma di suggerire  i modi non solo per conservare ma per utilizzare il bene  assicurando la protezione e l’integrità  ma soprattutto la effettiva vitalità. Non si tratta  di proporre modelli ma di fornire indicazioni  indirizzate a mantenere/ attivare/ riattivare la vitalità del bene.
Ma porre come prioritaria la vitalità del bene  (sia esso paesaggio, monumento, oggetto d’arte, ma anche raccolta documentaria, archivio, bene immateriale, ecc.)  comporta al tempo stesso un approccio più selettivo alla sua tutela e invita ad assegnare  al patrimonio culturale un ruolo centrale  nelle politiche pubbliche come nell’iniziativa privata, ponendolo a fondamento stesso dello sviluppo locale. In tale prospettiva la tutela e valorizzazione privilegiano  soluzioni che meglio  assicurino  la vitalità del patrimonio oltre il presente  ponendo particolare attenzione  all’uso, condizione essenziale affinché alla prospettiva della musealizzazione se ne affianchino altre e diverse. Ciò significa  esaminare il valore del patrimonio  culturale  rispetto ad una pluralità  di punti di vista, dove la prospettiva del turismo culturale o meno può essere al massimo una delle variabili, ma non necessariamente la prima  e la più importante perché altre- interne alla comunità  che in quel territorio opera- assumono un rilievo anche maggiore soprattutto se la prospettiva  è quella di uno sviluppo sostenibile   e durevole.
Partendo da tali presupposti si possono vedere sotto una diversa luce le variegate condizioni dell’abitato storico di Pistoia; infatti  possono essere compresenti più condizioni che vanno dall’abbandono all’ iperutilizzazione , dalla conservazione filologica alle libere riedizioni  di  impianto ed al sostanziale variare  delle  condizioni d’uso.
Ma proprio una tale articolazione è da considerare elemento di “valore” adatto a individuare specificità di area/ sito/ intorno  ed a mettere a punto criteri diversificati di intervento che  mirano a valorizzare le peculiarità dei luoghi ed anzi a tentare di ri-trovarne lo “spirito”.
Ne consegue il possibile superamento della formula omnicomprensiva di centro storico a favore della identificazione di sistemi  complessi da considerare caratterizzanti  dei diversi  ambiti urbani  (quartiere, parrocchia ...) e in quanto tali di suggerire azioni diversificate di tutela/ valorizzazione.
 

Giuseppina Carla Romby     
 (Professore ordinario di Storia dell'architettura presso l'Università degli Studi di Firenze)