Il complesso monumentale di San Lorenzo
a Pistoia ebbe origine da una delle due comunità di Frati Eremitani già
insediatisi nelle vicinanze di Pistoia intorno alla metà del Duecento. Un
romitorio con cappella esisteva già presso Gugliano nel 1254, ad ovest della
città. Il secondo insediamento eremitico è menzionato nel 1272 nella zona
collinare a nord dell’abitato urbano, in località Valle Bona. In tale data
questi frati eremitani avevano chiesto e ottenuto dal Vescovo Guidaloste di
poter edificare una nuova chiesa all’interno della cinta muraria delle circole,
nei pressi del fiume Brana, nel territorio di Porta Guidi, sotto il titolo
della Gloriosa Vergine e del Beato Lorenzo.
La posa della prima pietra della chiesa
di San Lorenzo avvenne il 3 luglio 1278 ed i lavori di costruzione proseguirono
durante il secolo seguente; invece dal penultimo decennio del XIII secolo i
frati si curarono di acquisire i terreni necessari per il complesso conventuale
e la relativa piazza.
L’impianto agostiniano fu l’ultimo di
quelli conventuali degli Ordini Mendicanti a Pistoia, fu preceduto infatti da
Francescani, Domenicani, Servi di Maria e Carmelitani.
A questi Ordini conventuali andarono ad
unirsi nel 1288 gli Umiliati, frati a vocazione pauperistica di origine
lombarda.
La costruzione della grande chiesa di
San Lorenzo fu effettuata utilizzando in parte il pietrame ricavato dalla
demolizione di tratti della seconda cerchia di mura cittadine, concessa dal
Consiglio comunale tra 1293 e 1295.
La struttura della chiesa, che assunse
dimensioni amplissime fra Medioevo e Rinascimento, seguì gli stilemi
dell’architettura gotica mendicante, consistente in un ampia navata unica
coperta con una orditura lignea a vista e zona absidale arricchita di cappelle.
In un edificio simile rivestiva grande importanza il coro, che serviva a
distinguere la zona della chiesa adibita al culto divino da parte dei frati
dalla parte destinata invece ai fedeli.
Già nel 1309 la zona presbiteriale ed
il coro dovevano essere prossimi alla conclusione; alla metà del secolo buona
parte dell’ampia navata unica doveva essere perimetrata da mura. Verso la metà
del Trecento, e specialmente dal 1348, anno in cui scoppiò la peste nera, si ha
notizia documentaria della richiesta da parte di vari personaggi pistoiesi di
essere sepolti all’interno della chiesa, e questo significa che era in buona
parte formato lo spazio interno dedicato ai laici. Si pensa che l’intero
perimetro murario della chiesa sia stato terminato intorno al 1360, perché è
menzionata la porta principale anteriore.
Considerando le proporzioni
dell’edificio, non canoniche rispetto a quelle adottate dai mendicanti, è
ipotizzabile che l’intero volume della chiesa comprendesse allora anche
un’aggiunta in direzione sud-ovest per ampliare lo spazio dedicato ai fedeli.
Pare confermarlo il fatto che la linea di facciata sopravanza il fronte del
lato di sud-ovest che delimita il chiostro grande.
Nella seconda metà del secolo XIV si ha
la sistemazione della grande porta lignea a due ante per l’ingresso in
facciata, donata dal comune nel 1363 e proveniente dal San Giovanni Battista.
Nel 1368 i frati erano ancora dietro
alla copertura di parte del tetto ligneo e quindi il completamento della chiesa
è da ritenersi posteriore a questa data.
Le indagini compiute sulle pareti
interne dell’ampia aula della chiesa, in seguito ai restauri della
Soprintendenza (1989-2000), hanno messo in luce una ricca campionatura di
affreschi databili fra gli ultimi decenni del Trecento e parte del
quattrocento, a testimonianza della frequentazione e della devozione di membri di
agiate famiglie pistoiesi che si facevano seppellire al suo interno.
Nello stesso periodo sono attestati
alcuni altari: l’altare maggiore era di patronato Dondori; la cappella laterale
sinistra era dedicata a Santa Caterina, sotto il patronato della famiglia Panciatichi,
mentre la cappella laterale destra era dedicata a San Giovanni Battista e alla
SS. Trinità, con l’originario patronato di Ranieri Simiglianti.
Dopo i cancelli che separavano il coro
dalla parte destinata ai fedeli, è nota la posizione dell’altare di San
Lorenzo, seguito dall’altare di San Nicola da Tolentino e da quello di S.Agostino,
collocati tutti sul fianco sinistro adiacente al chiostro.
Sono documentati nella prima metà del
Trecento la Sagrestia, la sala Capitolare ed un secondo braccio del chiostro,
ma anche una farmacia, a testimonianza di una notevole ricchezza di
articolazioni del convento. Sul secondo lato del chiostro, al di sopra di
questi ambienti, era stato realizzato il dormitorio, mentre nel braccio
contrapposto che delimitava sul lato di sud-ovest il chiostro, si trovava la
Compagnia della Crocetta, con il relativo oratorio: essa era una Società di
Disciplinati già menzionata nel 1338 (quando è attestato il sepolcro comune
ubicato in chiesa) e nel 1387.
Alla fine del Trecento il complesso
conventuale aveva raggiunto sostanzialmente la sua definitiva conformazione.
Durante il Quattrocento non sono
documentati gli interventi architettonici più importanti, e neppure restano
notizie della costruzione dell’attuale chiostro in forme rinascimentali,
tuttavia essa può essere collocata, proprio per le forme di riferimento ancora michelozziane,
entro i tre ultimi decenni del Quattrocento, come parrebbe indicare la
conformazione dei capitelli ionici ivi adottati.
Restano tuttavia importanti indizi
documentari di opere di rifacimento, sia per la chiesa che per il convento,
durante il tardo secolo XV. Tali interventi, piuttosto costosi, interessarono
la facciata della chiesa, nell’ultimo decennio del Quattrocento, ed anche il
complesso conventuale. Per quest’ultimo tuttavia non conosciamo quali siano
state le modifiche fatte. Risalgono a questo stesso momento storico i due
grandi affreschi eseguiti in controfacciata fra il 1480 ed il 1490: quello a
sinistra del portale maggiore, raffigurante la Madonna con il Bambino ed i
Santi Sebastiano e Tobiolo è attribuito ai pittori Niccolò di Mariano e
Bernardino del Signoraccio, mentre l’affresco di destra, raffigurante una
natività, di poco più tarda, è ritenuto opera di Niccolò di Mariano.
All’interno della chiesa, quando venne
effettuata nel 1582 la visita ad opera del visitatore apostolico Monsignor Angelo
Peruzzi Vescovo di Sarsina, la situazione degli altari risulta già modificata
rispetto alla configurazione trecentesca. Le due dedicazioni delle cappelle
laterali del coro erano rimaste le stesse, ma il patronato di quella di destra
era passato ai Villani. La cappella di sinistra, dedicata a Santa Caterina, era
ancora sotto il patronato Panciatichi ma risultava in abbandono. Sul lato
sinistro della chiesa, continuavano ad esservi gli altari di San Lorenzo, di
San Nicola da Tolentino e di S.Agostino ma vi si erano stati aggiunti l’altare
della Concezione ed un secondo altare sempre dedicato alla Vergine, in fondo
alla chiesa, probabilmente in relazione con l’affresco di Niccolò di Mariano e
di Bernardino del Signoraccio. Sul lato destro della chiesa si trovavano gli
altari di San Jacopo, di San Sigismondo, di Santa Monica e l’altare della
visitazione della Vergine.
Ai primi del Seicento un ruolo di
particolare rilievo ebbe il chiostro grande, dove le lunette furono dipinte con
storie di S.Agostino da Ulisse Giocchio da monte San Savino nel 1617. Una finta
lapide dipinta ai piedi di una lunetta del secondo braccio del chiostro, ne
attesta la paternità. Il pittore, come dimostrano le ricevute del 1611,
evidentemente si era trattenuto più anni nel convento. Giuseppe Dondori,
erudito sacerdote del Seicento (della Pietà di Pistoia, 1666) attesta che ai
suoi tempi tutti i disomogenei altari precedenti erano stati trasformati negli altari
contro riformati di pietra di macigno. Per altro la chiesa, intorno al
1586-1587, era stata dotata di un organo costruito ad opera di Cesare Romani da
Cortona, la cui mostra fu realizzata dal maestro Jacomo Bartolomei da Pistoia.
Alla fine del settecento gran parte del
convento e della chiesa furono occupate dalle truppe napoleoniche, e
l’occupazione si ripetè qualche anno dopo. Con i due decreti napoleonici del
1808 e del 1810 la comunità agostiniana di San Lorenzo venne soppressa,
lasciando posto nel 1815, e fino al 1866, alla comunità dei Cappuccini, di
servizio agli Spedali Riuniti.
La plurisecolare presenza dei frati agostiniani
in quest’area urbana aveva anche contribuito a rimodellare l’area urbana
circostante al complesso conventuale; in particolare, tra Sei e Settecento con
la costruzione di diverse case popolari da dare in affitto, tuttora in gran
parte rimaste intorno alla piazza.
Nell’Ottocento alcuni documenti di
carattere tecnico amministrativo informano sullo stato di conservazione
dell’antico complesso conventuale. Particolarmente importante fra questi è una
planimetria del 1828, grazie alla quale possiamo conoscere con esattezza la
conformazione della chiesa e dell’annesso convento. All’interno dell’edificio
religioso compaiono su ciascuno dei due lati che si rispondono simmetricamente;
alle spalle della cappella di Santa Caterina, sulla sinistra della cappella
maggiore, risulta ancora un vano a perimetro quadrangolare che corrisponde
all’antico basamento del campanile, attualmente perduto.
Con le soppressioni del periodo post
unitario, il complesso monumentale conobbe notevoli cambiamenti e nuove
destinazioni d’uso. Per breve tempo la chiesa continuò ad essere aperta al
culto come parrocchiale, mentre il convento fu utilizzato anche come ricovero e
ospizio e poi restituito alla municipalità. Dal 1877 ebbe inizio una radicale
trasformazione ad opera del demanio militare che incise soprattutto nella
conformazione della chiesa, dalla quale, fra il 1881 ed il 1883, furono tolte
le mostre d’altare in pietra, acquistate dall’antiquario Bardini e collocate
sulla facciata del suo palazzo fiorentino ad incorniciare le finestre, e le
varie tele, di alcune delle quali si sono perse le tracce.
La trasformazione della chiesa
agostiniana in distretto militare comportò la realizzazione all’interno di una
struttura portante costituita da nove setti murari trasversali dotati di grandi
arcate di passaggio sui quali furono impostati due solai lignei determinando la
frammentazione dell’originario spazio unitario. La necessità di dotare questi
nuovi spazi di alloggiamento militare di adeguate aperture finestrate, portò
inoltre alla realizzazione di tre ordini di finestre che si aprivano sul fronte
est e, per i soli due livelli superiori, anche in facciata e sul fronte ovest, al
di sopra del chiostro.
Di particolare importanza per la
tecnica ingegneristica adottata è la scala di accesso ai vari livelli,
impostata su volte rampanti alla romana, realizzata all’interno dei vani un
tempo corrispondenti alla cappella di Santa Caterina e all’adiacente campanile.
Già alla fine dell’Ottocento comunque
era nota la presenza di affreschi sotto lo scialbo delle pareti perimetrali
della ex chiesa, oramai trasformata in distretto militare, e così anche agli
inizi del Novecento: ad esempio la grande crocifissione che decorava la lunetta
esterna sopra la porta principale di ingresso, che corse il rischio di essere
rovinata durante i lavori di trasformazione del demanio, venne preservata
grazie anche alle proteste dell’opinione pubblica con la realizzazione di una controparete.
Solo nel restauro realizzato nel 2003-2004 il dipinto tardo Trecentesco è stato
rimesso in luce.
Dopo l’ultima guerra l’ex chiesa
divenne un rifugio per gli sfollati e poi, sino agli anni Sessanta fu
utilizzata anche come locale per la produzione di mobili (Arte del legno di
Arrigo Nobili, come testimoniava ancora fino alla fine degli anni ottanta la scritta
in facciata). In seguito il complesso fu utilizzato come deposito dei cantieri
comunali.
L’ipotesi di destinare l’ampio volume
della ex chiesa di San Lorenzo come nuova sede dell’archivio di Stato di Pistoia
ha promosse l’avvio dei lavori di restauro nel 1989. Rivelatasi poi inattuabile
questa ipotesi i lavori di restauro sono stati interrotti al consolidamento
delle strutture e delle coperture ed ai saggi esplorativi sulle pareti che
hanno fatto emergere in gran parte ciò che resta degli affreschi Tre-Quattrocenteschi.
L’intervento effettuato dalla Soprintendenza è servito anche a recuperare e a
dare nuova dignità architettonica all’attiguo chiostro rinascimentale. Mancano attualmente
precise destinazioni d’uso del complesso.
Attualmente il complesso monumentale, perimetrato
da piazza San Lorenzo, via del Maglio, via del Piloto e via della Crocetta, è
suddiviso in due proprietà: l’ex convento è di proprietà del comune di Pistoia,
e comprende una superficie totale di 5.100 mertri quadrati, con spazi porticati
per 890 metri quadrati e spazi aperti per 3.550 metri quadrati. Il chiostro
grande si estende per 1.850 metri quadrati. L’ex chiesa invece, rimasta di
proprietà demaniale, è sotto la custordia della Soprintendenza. L’edificio si
estende in lunghezza per circa 75 metri ed in larghezza per circa venti metri,
con una superficie di base di circa 1.500 metri quadrati. Dei tre livelli
utilizzabili nella sistemazione a caserma, attualmente restano quello a piano
terreno e quello del sottotetto.
1 ottobre 2011
Scheda a cura dell'Associazione di volontariato culturale “Pistoia città di tutti”
Scheda a cura dell'Associazione di volontariato culturale “Pistoia città di tutti”