Già in molti si sono espressi sul ruolo di Pistoia come "capitale italiana della cultura 2017". Diversi hanno sottolineato come l'evento possa essere occasione di una nuova visibilità mediatica e offrire anche importanti opportunità per valorizzarne le non poche potenzialità e attrattive. Altri, contestualmente, non hanno mancato di indicarne anche le numerose criticità, soprattutto economico-sociali e infrastrutturali.
Pistoia, anche a questo appuntamento, si presenta con caratteri contraddittori e antitetici, non smentendo il suo tradizionale carattere.
La "quieta dolcezza" di "una città tra le più belle" (Tomaso Montanari, "La Repubblica", 27 gennaio 2016) nasconde in sé infatti, quasi con pudore, le "sue ferite", le gravi carenze di prospettive nel sociale e nel lavoro (Massimiliano Filippelli, "La Vita", 7 febbraio 2016), ma anche il pesante riflesso di una crisi generalizzata che si fa sentire nella nostra nazione. Essa incide anche sulla "cultura”: sui servizi di formazione scolastica (messi in difficoltà da sedi inadeguate e da mancanza di risorse), sulle istituzioni preposte alla conoscenza e alla ricerca come biblioteche, musei, archivi presenti nella nostra città. Essa incide anche sul patrimonio edilizio storico-monumentale di Pistoia, parte del quale risulta attualmente messo sul mercato, nel silenzio generale della pubblica opinione.
Una sola iniziativa, lo scorso 15 settembre 2015, organizzata come pubblico dibattito sul tema della gestione dei Beni Culturali da parte dello Stato, a cura dell'associazione "Pistoia città di tutti", ha dato occasione a Tomaso Montanari, studioso e pubblicista conosciuto a livello nazionale, di affrontare apertamente la questione.
La configurazione stessa della città, come ambiente noto ai percorsi dei suoi cittadini, si va restringendo nel momento in cui coni d'ombra destinano all'assenza e al silenzio un numero sempre più ampio di edifici monumentali di pregio abbandonati e degradati.
Pistoia sta cambiando rapidamente volto, anche per le nuove allocazioni funzionali entro spazi urbani edificati che si sono liberati (vedi l'area del Ceppo) ed a causa delle spinte centrifughe dovute alle scelte delle ultime amministrazioni comunali (Scarpetti/Berti) circa le aree della ex-Breda e alla nuova ubicazione dello spedale San Iacopo, a sud dell'antico centro urbano.
Gli inevitabili squilibri si sono riflessi nello stesso tessuto della città, portando ad una desertificazione di alcune zone e ad una eccessiva concentrazione di interessi commerciali entro i fragili spazi del centro, irrimediabilmente interessati ad una saturazione chiassosa e incontrollata da parte di presenze temporanee, che ne consuma e degrada la qualità ambientale.
Il cuore antico di Pistoia non è, come ha detto l'attuale sindaco, il cuore di una città "a passo d'uomo, dalle antiche origini contadine" ("La Repubblica" – Firenze, 28 gennaio 2016), parafrasando una nota 'definizione' coniata durante il regime fascista (Pistoia come "terra di contadini e di artigiani", che tali dovevano restare, 'logo' eloquente riprodotto in "Palomar"/2 del febbraio-marzo 2016, p. 12).
Pistoia, centro urbano posto su importanti itinerari trans-regionali, ha avuto una storia legata ai commerci fin dall'alto medioevo, e nella prima età comunale è stata fiorente come luogo d'incontro – lungo vie che erano divenute anche vie di pellegrinaggio – di culture e popoli diversi. L'apertura agli orizzonti europei, che l'hanno resa ricca e importante durante il Medioevo, è poi venuta meno sotto la dominazione fiorentina e medicea. Gli imprenditori economici si sono trasformati in nobiltà di possidenti e di cortigiani; i membri emergenti del commercio si sono rinchiusi entro limitati interessi di bottega, al servizio dei potenti locali; i suoi straordinari artigiani hanno perso forza e autonomia adattandosi a lavori salariati.
Tuttora la configurazione economica del centro cittadino, pur messa in crisi dall'attuale situazione, è determinata in modo prevalente dai commercianti e dagli addetti ai servizi di ristorazione.
Più volte e con insistenza da parte di queste categorie, rappresentate nel "Centro Commerciale Naturale", sono state richieste iniziative "culturali", che le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto promuovere con continuità, per consentire l'afflusso, nel centro ormai asfittico, di visitatori, curiosi e turisti.
La città 'bottegaia' ha necessità di una "cultura" usa-e-getta, di una "cultura" non importa di quali contenuti, purché sia in grado di richiamare facilmente clienti e avventori. Questa città, incurante di ogni altro aspetto del problema "cultura" a Pistoia, si è battuta per ottenere ovunque traffico e parcheggi, perché i visitatori potessero arrivare fin sulla soglia degli esercizi commerciali con i loro veicoli. Opportunamente l'attuale sindaco ha promosso e cercato di attuare la visione di un'altra città, una città "di tutti", che trovasse il giusto equilibrio fra le sue varie componenti, e soprattutto che consentisse una vita di relazione più naturale e umana, con spazi accoglienti e giardini non assediati dall'inquinamento: dato che la conformazione urbana di Pistoia lo consente ancora.
Altri squilibri "culturali" Pistoia finora non ha saputo mediare: come il 'contemporaneismo' a oltranza che, negli ultimi tempi soprattutto, ha messo in secondo piano i magnifici capolavori d'arte di cui il Medioevo ci ha arricchito e per cui Pistoia è nota all'estero. Musei ed esposizioni d'arte contemporanea sono stati privilegiati, proseguendo anche la riproposizione della lettura di preziosi ambienti, esterni ed interni, in associazione ad opere di scultori del nostro tempo, in stridente, voluto contrasto, anche per le grandi dimensioni, rispetto ad un contesto dotato di un proprio, inimitabile carattere.
In questi tempi di crisi, di cui soprattutto risente ciò che (a torto) è considerato superfluo o inessenziale, come in primo luogo la "cultura", che secondo un uomo politico "non si mangia", chi ancora investe risorse economiche in tale settore, per ottenerne quanto meno un importante ritorno di immagine – come banche, fondazioni, gruppi industriali – è portato quasi inevitabilmente ad indurne una distorsione, dato che di solito vengono penalizzati i contributi di studiosi e ricercatori locali talvolta privi di lustro accademico o di visibilità mediatica. Si preferisce infatti ricorrere – come in una recente collana dedicata dal Museo Civico di Pistoia al patrimonio artistico/monumentale pistoiese – a personaggi noti dell’ambiente universitario, in grado di conferire, con la stessa personale partecipazione, importanza e prestigio ai programmi prescelti.
È questo il caso di un molto famoso conoscitore d'arte, invitato a Pistoia lo scorso 21 maggio di quest'anno, per formulare il suo parere sulle prospettive che si sarebbero potute aprire per Pistoia come "capitale italiana della cultura 2017". Circondato da clamore mediatico e da numeroso seguito di persone ivi compreso il sindaco, dinanzi ad una numerosissima platea ha espresso l 'opinione che l'elemento di richiamo per una città mediamente dotata come e forse meno di molte altre in Italia potesse essere una grande mostra "sulla civiltà barocca", a cominciare dalla collezione Bigongiari (di proprietà della Cassa di Risparmio di Pistoia e della Lucchesia). Ma tale personaggio ammetteva di non conoscere Pistoia, ("La Nazione", 22 maggio 2016, cronaca di Pistoia).
Non vorremmo che l’occasione di questo importante focus che si accenderà l'anno prossimo sulla nostra città, portando senza dubbio ad una più ravvicinata conoscenza di essa, inducesse a privilegiare soprattutto iniziative di grande impatto mediatico (e quindi capaci di richiamare turisti, visitatori, curiosi, e conseguentemente anche buoni guadagni per gli operatori economici del centro storico), sostanzialmente effimere o per pochi eletti, ma non destinate a lasciare un beneficio durevole per l'intera comunità.
Vorremmo piuttosto che si riuscisse a mettere a fuoco due fondamentali punti di forza per Pistoia. Il primo (da cui dipendono poi tutte le iniziative da intraprendere al suo interno, e l'utilità stessa degli stanziamenti economici) dovrebbe essere il ripensamento del suo ruolo –economico, ma anche sociale e culturale – entro la realtà della regione toscana, superando quello, ormai invecchiato, di centro marginale nella conurbazione 'metropolitana' facente capo a Firenze: come giustamente suggerisce Andrea Paci (“Palomar"/2 del febbraio-marzo 2016, p. 8). Il secondo potrebbe essere un nuovo 'stile’ nel mettere a punto progetti, determinanti per la città, di recupero e nuova funzionalizzazione di parti del patrimonio pubblico, e di investimento programmato nei servizi culturali e infrastrutture urbane, con il concorso di pubbliche istituzioni sia laiche che religiose, di investitori di capitali, degli stessi rappresentanti del mondo pistoiese degli studi e della ricerca: perché Pistoia possa, nella trasparenza democratica delle sue scelte, porsi come esempio positivo di buona gestione delle risorse.